Per Grazia Marchianò, pellegrina d’Oriente. Testi di Grazia Marchianò, Giancarlo Vianello e Claudio Lanzi (quarta e ultima parte)

Introduzione

Chiudiamo la serie di contributi su Grazia Marchianò pubblicando due testimonianze, la prima di Giancarlo Vianello, saggista e studioso di dinamiche transculturali, la seconda di Claudio Lanzi, saggista, studioso e fondatore del Simmetria Institute Library Museum di Attigliano (TR), affiancati da un testo di Grazia Marchianò, dal titolo “Schegge di buddismo Shingon carpite in un monastero a Koyasan (Giappone), tra il 2006 e il 2008”.

Grazia Marchianò

SCHEGGE DI BUDDHISMO SHINGON CARPITE IN UN MONASTERO A KOYASAN (GIAPPONE), 2006-2008

di Grazia Marchianò *

Tra il 2006 e il 2008, in un monastero della cittadella buddhista di Koyasan ho intrapreso il percorso di accesso al primo stadio (kanjō) delle pratiche meditative della linea esoterica shingon, accedendo altresì ai libri custoditi nella biblioteca della locale Università monastica di studi Buddhisti, difficilmente consultabili in Europa. Il mio intento è stato di documentarmi attraverso un coinvolgimento personale sulla tradizione meditativa shingon non in vista di un’adesione di tipo, per così dire , ‘religioso’, decisamente esclusa dal mio orizzonte, ma per comprendere, nei limiti della mia capacità di intellettuale europea, quali strategie operative la suola shingon ha adottato da oltre mille anni per addentrare esperienzialmente il meditante in zone profonde della coscienza piuttosto che limitarsi a studiare i testi in astratto. Un certo peso nei miei confronti da parte dei membri del monastero, ha avuto infatti la riserva pregiudiziale sul mio essere una studiosa, per giunta accademica, ‘infilatasi’ in una realtà monastica, frequentando al contempo la locale università e partecipando a uno dei convegni internazionali svoltisi nel 2006. 

Kongōbu-ji (金剛峯寺?) è il tempio principale del Buddismo Shingon sito sul Monte Köya (Wikimedia Commons)

Sono grata all’abate del monastero, Habukawa Shōdō ed al monaco svizzero Gensō, istruttore colà, per avermi accompagnato in un percorso non facile, nonché al rettore dell’Università Rev. Namai Chishō, al buddhologo e monaco statunitense Thomas Eijō Dreitlein ed alla monaca croata Dottoressa Sanja Jurkovič, per avermi mostrato in che modo teoria e pratica possono non confliggere. 

Koyasan si raggiunge con una funicolare da una stazione ferroviaria periferica collegata con la linea centrale da Osaka. La cittadina annovera 117 templi, 53 dei quali offrono alloggi ai pellegrini. Nel monastero Muryokō-In dove ho svolto il mio tirocinio, la divinità principale ivi custodita è il Buddha Muryōju (sans. Amitayus). Alla guida del monastero che accoglie una ventina tra monaci e monache stanziali e i novizi, è l’abate che vi abita con la sua famiglia. La consuetudine è che il figlio primogenito, una volta assunto l’abito monastico, erediti il ruolo dal padre. Per i monaci shingon deputati alla guida di un monastero, il matrimonio è assecondato per garantire la continuità nella conduzione delle attività templari e dei riti connessi. Gli affiliati alla scuola shingon ammontano in Giappone a dieci milioni. Si consideri che la religione indigena in Giappone, associata al culto statale dell’Imperatore e a quello popolare dei kami (spiriti permeanti il mondo vivente) è lo Shinto. L’interconnessione col Buddhismo è palese nella frequente compresenza nello stesso luogo dei rispettivi templi. Quello shinto, situati in spazi all’aperto, spesso all’interno di boschi e foreste, sono deputati ai riti di purificazione individuale e collettiva, officiati dai sacerdoti e da fanciulle (miko) assistenti, abbigliate in splendide vesti e acconciature cerimoniali. Uno dei riti maggiori riguarda l’unzione di buon auspici sulla fronte del neonato, a cento giorni dalla nascita. 

*Estratto dal volume: Grazia Marchianò, Interiorità e finitudine: la coscienza in cammino. Orizzonti euroasiatici. Ed. Rosenberg&Sellier 2022 (per gentile concessione) 

Tempio Kongobuji, Koyasan, prefettura di Wakayama, Giappone. Giardino roccioso Banryutei (Wikimedia Commons)

In viaggio a Kyōto con Grazia Marchianò

di Giancarlo Vianello

La recente scomparsa di Grazia Marchianò ha significato una grave perdita per la cultura italiana, soprattutto quella indirizzata al recupero della dimensione sapienziale e alla ricerca di questa verso Oriente, verso quelli che lei stessa aveva definito gli “orienti del pensiero”. Per me, con lei se ne va un frammento rilevante della mia vita. Giovanissimo, avevo già avuto modo di conoscere Elémire Zolla, quando nel lontano 1972 avevo partecipato al seminario, organizzato dalla Fondazione Ludwig Keimer a Lugano. Assieme a Zolla erano presenti Pio Filippani Ronconi, Boris de Rachewiltz e Marius Schneider. Ci siamo poi nuovamente incontrati in occasione del Secondo Simposio Siena – Kyōto del 1993. All’epoca Grazia Marchianò, che era titolare della cattedra di estetica all’università di Siena, era anche responsabile per il lato italiano dei simposi Siena – Kyōto. Quell’anno l’incontro doveva avvenire a Kyōto dal 27 settembre al 2 ottobre.

All’epoca stavo studiando la cosiddetta Scuola di Kyōto e, oltre ad essere pioniere, ero l’unico italiano esperto della materia. Per questo motivo Grazia Marchianò mi propose di aggregarmi alla delegazione di studiosi in partenza per il Giappone. Facevano, tra gli altri, parte del gruppo, oltre a Grazia Marchianò, anche Giovanni Peternolli, Stefano Zecchi e Maurizio Bettini. Ovviamente, si era unito anche Elémire Zolla che, ricordo, mi chiese informazioni circa la traduzione del Dao de jing, su cui Heidegger si avventurava, guidato dal suo allievo Paul Shih Yi Hsiao. All’epoca raccoglievo materiale sull’argomento e sono stato in grado di fornirlo.

Tempio di Ryoanji a Kyoto, FreePik

Il Simposio si è poi svolto usando come lingua l’italiano per desiderio dei Giapponesi. Ovviamente, visto il livello dei partecipanti, è stato molto istruttivo e ricco di spunti. Io, più modestamente, contribuivo con una relazione sul ruolo dell’immagine, tra Oriente ed Occidente, come delineato dalla sintesi trans culturale della Scuola di Kyōto. Ma, come succede in queste occasioni, la parte più stimolante è stata quella che si è svolta ai margini, anche grazie al ricco programma culturale offerto dai nostri ospiti. Ricordo la visita al castello di Nijo e al palazzo Shugakuin, di una esibizione di Warabi-za, di uno spettacolo di teatro Noh, e di numerose visite ai templi presenti, ad esempio Daitokuji e Ryōanji. Queste occasioni, assieme alla cena che Grazia Marchianò ha voluto offrire ad un gruppo di studiosi, sono stati preziosi momenti di scambio di informazioni e punti di vista. Durante quella cena vi è stata, appunto, una conversazione ricca di spunti. Ricordo di aver discusso con Elémire Zolla degli interessi di Heidegger per l’Oriente. Non sempre, poi, le opinioni nel gruppo convergevano: mi rammento anche una feroce critica di Grazia Marchianò a Pasolini, di cui non amava l’estetica improntata ad un crudo realismo sottoproletario. Queste critiche avevano poi suscitato la reazione di una giovane studiosa giapponese esperta di cinema italiano. Tuttavia sono proprio queste forme di confronto dialettico che permettono di ampliare le conoscenze e di aggiornare le prospettive. Ai margini del tutto, ho anche avuto la fortuna di un incontro con Shoto Hase, uno dei maggiori rappresentati contemporanei della scuola di Kyōto.

Tornati in Italia, gli Atti del Convegno furono pubblicati a cura dell’Università di Siena e con la supervisione di Grazia Marchianò, la quale mi propose la pubblicazione di un libro sulla Scuola di Kyōto, da far apparire, per i tipi di Rubbettino, nella collana Brevi saggi di estetica comparata da lei diretta. Ricordo che i due saggi precedentemente pubblicati erano stati il suo Sugli orienti del pensiero. La natura illuminata e la sua estetica (2 voll. 1994) e Karl Löwith, Scritti sul Giappone (1995). Il mio La Scuola di Kyōto uscì nel 1996, accompagnato da due articoli di Matteo Cestari e Kenjiro Yoshioka. Si è trattato, e a lei va il merito, della prima pubblicazione italiana sull’argomento, che ebbe parecchia rilevanza anche internazionale. A seguire i rapporti sono continuati a distanza, ma indubbiamente la figura di Grazia Marchianò è stata una pietra miliare nella mia formazione. Questo è ciò che ho piacere di rievocare e di testimoniare.

GRAZIA

di Claudio Lanzi

Ho conosciuto la prof.ssa Marchianò nell’aprile del 2017 durante un bellissimo convegno su Marius Schneider organizzato per SIMMETRIA dal grande antropologo del suono e del gesto Antonello Colimberti e dal sottoscritto. Eravamo Antonello Colimberti, Grazia Marchianò, Giangiuseppe Bonardi, Leopoldo Siano, Pierpaolo de Giorgi e il sottoscritto. Tralascio di riportare tutti gli interventi (parzialmente presenti nella sezione “articoli” del sito del Simmetria Institute) e ricordo soltanto quello di Grazia: ‘Origine, il tempo, il ritmo, il rito negli scritti di Marius Schneider pubblicati sulla rivista zolliana “Conoscenza religiosa” (1969-1983). La concezione schneideriana della natura acustica della realtà e le attualizzazioni rituali tradizionali presso le altre civiltà e i popoli indigeni.
Fu un intervento molto profondo, ovviamente, collegato al pensiero di Zolla, e applauditissimo, che precedette il mio sui rapporti fra Musica e Geometria tradizionale. Ovviamente si innestarono tanti argomenti di confronto e così nacque tra noi una inaspettata e graditissima amicizia. Avevo conosciuto superficialmente Elémire Zolla molti anni prima durante una performance di Danze indiane al teatro Olimpico di Roma e di lui conoscevo buona parte dell’opera. Questo incontro con Grazia, tanto piacevole quanto inaspettato fu invece una piccola rivelazione. Dico rivelazione in quanto non conoscevo quasi nulla di lei e della sua vita e temevo, come accade spesso in ambiente accademico, di incontrare l’erudizione, ma anche l’autocelebrazione. Invece incontrai una donna spiritosa, simpatica, sbrigativa, coltissima, ma soprattutto sperimentale. Una donna in grado di mettersi in discussione senza remore e soprattutto di andare a “vedere” e sperimentare le cose di cui si occupava nelle sue ricerche. Sapevo delle sue esperienze nel monachesimo giapponese e la sera a cena dopo il convegno, con lei iniziammo a parlare proprio di quello. Ne nacque una simpatia semplice e immediata, costellata in futuro da pochi contatti, per lo più epistolari, tante battute umoristiche (non me le aspettavo, per lo meno da come mi era sempre stata descritta). Brevi lettere, incisive e puntuali e alcune telefonate in cui entrambi ci invitavamo per un tè, per una colazione, per una visita al Museo dei Miti di Attigliano… ma non riuscivamo mai a combinare le date. E a volte, oltre che accennare ad alcuni lavori in corso, parlavamo delle nostre esperienze all’interno della metafisica orientale e occidentale. Lei era abbastanza incuriosita delle mie ricerche sull’incontro fra matematica, geometria e filosofia e, non essendo esattamente il suo settore, si riprometteva di “darmi affettuosamente battaglia”. 

Simmetria Institute – Fondazione Lanzi (Attigliano)

L’ultima lettera, dopo un paio di telefonate, ce la scrivemmo due mesi prima della sua scomparsa. Mi disse che era dispiaciuta che la vita ci avesse dato così poco tempo per conoscerci meglio e io le risposi nello stesso modo. Mi disse poi telefonicamente che aveva intenzione di approfondire lo Zo Chen Tibetano, secondo il lignaggio del Rimpoché Tulku Namkai Norbu. (Disciplina nella quale sono stato appassionatamente coinvolto per diversi anni). Mi stupì molto che alla sua età avesse in animo di intraprendere un viaggio spirituale decisamente impegnativo. Questa concomitanza di esperienze ci entusiasmò entrambi e mi ripromisi di raccontarle quel poco che ero in grado di dirle dei pochi anni di pratica in questa particolare via realizzativa orientale. Mi promise che mi sarebbe venuta a trovare di lì a poco al Simmetria Institute, una volta passate le giornate più fredde dell’inverno. Purtroppo non feci in tempo ad andarla a prendere a Montepulciano e mi dispiace ancora molto. So che in molti, e assai meglio di come potrei fare io, scriveranno di lei ricordando i suoi articoli, i suoi libri, i sui viaggi, il suo insegnamento e la sua formidabile diffusione dell’opera di Zolla. Io posso e preferisco ricordarla per la sua carica umana. Ritengo che a volte si impara e si conosce molto più di una persona, attraverso uno sguardo, un sorriso e una stretta di mano. Sì, forse è poco filosofico, ma io la stretta di mano di Grazia non me la dimenticherò mai.


Immagine di copertina
Elémire Zolla e Grazia Marchianò (RAI Cultura)

Giancarlo Vianello è uno studioso di dinamiche transculturali. Ha frequentato a lungo Raimon Panikkar e scritto numerosi interventi sul Buddhismo e il Giappone. Ha all’attivo la pubblicazione di quattro volumi e una trentina di articoli e saggi in riviste scientifiche e volumi collettivi. I suoi testi sono stati pubblicati in Giappone, India, Israele, Slovenia, Canada e Germania. È socio fondatore del Centro Studi Maitreya.


Claudio Lanzi si è dedicato alla ricerca, prima in Francia e poi in Italia, nel campo delle alte e basse energie ed in quello dell’automazione ed in seguito alla gestione di molti progetti nel settore elettrico ed elettronico. Ha pubblicato decine di articoli scientifici sulle maggiori riviste italiane del settore, e condotto svariate ricerche con il contributo del CNR e di varie Università, ha sviluppato vari progetti per l’automazione di centrali idrauliche, termiche e geotermiche e per la maggior parte degli impianti aereoportuali italiani e per le metropolitane di Roma, Milano e Napoli. Ha pubblicato diversi libri destinati alle scuole superiori, alle industrie, all’università e ha collaborato a varie riviste scientifiche e all’Enciclopedia Treccani per la quale ha redatto alcune voci degli ultimi volumi. Nel 2020 ha fondato il Simmetria Institute Library Museum di Attigliano, una biblioteca e un Museo integrati in un palazzo storico che raccoglie migliaia di testi di filosofia, ermetismo, antropologia, mitologia, e scienza arcaica e centinaia di opere, statue e quadri collegati alla ricerca dell’uomo e della sua natura. Tale Istituto prosegue ampliandola, l’opera didattica e formativa del vecchio Centro Studi Simmetria (1975) con corsi, concerti, conferenze, convegni. Pubblicazioni. Lanzi ha pubblicato 22 libri e centinaia di articoli. Tra questi Ritmi e Riti; Orientamenti di derivazione pitagorica; La Porta ermetica di Rivodutri (con A.M. Partini); Misteri e simboli della Croce; Iniziazione e Magia nei giochi dell!infanzia, Ermetismo e Mistica,; Sedes Sapientiae,(l’universo simbolico delle Cattedrali). C. Lanzi è stato docente e historiografo Accademico della Tiberina, è presidente del Simmetria Institute e direttore della omonima rivista. Svolge periodicamente corsi e conferenze in queste e in altre sedi, orientati verso lo studio della scienza tradizionale.


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